Nel silenzio della pseudo azione _ Una riflessione pittorica sulla realtà contemporanea

Nel silenzio della pseudo azione

Le recenti opere di Alberto Goglio _Una riiflessione pittorica sulla realtà contemporanea

MEN AT WORK, Galleria Meccaniche Ceruti Arte Contemporanea // Doppia personale degli artisti Alberto Goglio e Stefano Seraglio

Alberto Goglio presenta al pubblico una ristretta selezione dei suoi ultimi lavori, poche simboliche opere che costituiscono per l’Artista un traguardo di riflessione pittorica, oltre che un’implicita meditazione sulla realtà contemporanea.

L’allestimento è studiato site specific per il contesto minimalista dello studio. Nel luogo di lavoro e di meditazione si concretizzano immagini evocatrici di percorsi professionali e umani.

Campeggia nella luminosa stanza il grande dipinto con L’isola dei morti, una leggera carta da lucido campita nella sezione centrale da pennellate larghe e sicure che definiscono scure silhouette di uomini affastagliati, tutt’attorno, tra il silenzio e la sospensione, il vuoto.

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Il titolo dell’opera rimanda in modo esplicito al capolavoro di Böcklin, con cui Goglio si confrontò all’inizio della sua attività pittorica e che ora rilegge in altri termini.

Böcklin descrisse la sua opera come ”un’immagine onirica: essa deve produrre un tale silenzio che il bussare alla porta dovrebbe fare paura”.

Il silenzio è percepibile anche nello studio di Goglio, animato da poche ed evanescenti opere, in cui si materializzano apparizioni tangibili e ombre. Nella sua opera la barca è diventata essa stessa isola di morte su cui affondano migliaia di migranti e da temere non è più il sogno ma la realtà.

Nella composizione, la citazione del dipinto del simbolista svizzero si sovrappone all’evocazione del Quarto Stato di Giuseppe Pelizza, una delle opere più emblematiche del XX secolo italiano. Ma se nell’opera di Pelizza, manifesto del suo impegno sociale, le figure avanzano come una fiumana e la visione dell’avvenire è positivistica, nell’opera di Goglio il gruppo si è rappreso, restando immobile. È una massa coesa, senza identità e genere, una zattera senza speranza.

 

Sulle pareti laterali sono appese, da un lato, altre tre piccole carte da lucido e, dall’altro, un dipinto in plexiglas. L’utilizzo di questi materiali è in modo evidente, per chi conosce Goglio, una meditazione sul fare pittorico, che da sempre l’ha accompagnato, una ricerca intrapresa in termini di contrappunto tra istintività e sintesi del segno gestuale. Le carte lucide sono l’evoluzione delle sue carte da spolvero oleate e il plexiglas, materiale che l’Artista impiega da anni come supporto, è ora vera e propria materia che ingloba il colore. L’immagine, dipinta in entrambi i casi sul retro, è percettibile tra la nebbia della visione dei paesaggi opachi e, filtrata, crea uno schermo al gesto pittorico, conferendo nel contempo riverbero.

Goglio_Minigolf

Alla stasi del dipinto centrale queste opere contrappongono il movimento della gestualità meccanica, controllata delle figure impegnate nel gioco del frisbee e del minigolf, attività che prevedono movimenti automatici, geometrie, relazioni minime con gli altri giocatori.

L’Artista crea in esse intimi spazi di realtà parallele alle tragedie sociali contemporanee, in cui l’individualità è perno di un apparente equilibrio.

Tutti gli uomini di Goglio sono nudi, privi di identità e colti nella loro essenza, nella loro autoreferenzialità e solitudine. Nell’opera con i giocatori di frisbee l’oggetto dipinto è l’unico elemento colorato, esso è simbolo di un Dono, ma solo apparente: ognuno gioca per sé.

Goglio_free

Nulla parrebbe riuscire a distrarre i giocatori dalle loro azioni, dal loro isolamento e dai loro tracciati. Le opere in mostra creano blocchi isolati in cui nemmeno i rimandi atmosferici e segnici creano collegamenti e ponti tra le figure, che sono isole sospese in uno spazio fluttuante.

Al centro della stanza una buca da golf, una pallina e un bastone. Lo spettatore, prolungamento dell’uomo dipinto, può interagire con lo spazio e il contesto, tracciando percorsi non necessariamente prestabiliti.

Testo di Anna Lisa Ghirardi