Mobilis in Mobile, un sistema di abiti modulari

Mobilis in Mobile, un sistema di abiti modulari

Il nuovo ruolo del designer / Dal consumer al prosumer / La smart economy /La logica formale dei moduli /

Mobilis in Mobile, alla base di una rete di aziende

Tesi di Albarosa Gatti // Docente relatore Daniele Bresciani

Il nuovo ruolo del designer

Il mondo del design è di per sé molto complesso. Ci sono differenti modi di intendere la professione e, di conseguenza, diversi approcci progettuali. Non è questo il luogo dove sistematizzare queste diverse visioni del design in categorie.

È chiaro però che la rivoluzione digitale sta avendo un impatto su ognuna di queste modalità professionali: per alcuni designer le tecniche di fabbricazione digitale risultano utili a livello di prototipazione, per altri sono e saranno solo un gioco, una moda, mentre per altri ancora sono e saranno tanto influenti da cambiare radicalmente il loro modo di progettare.

Le nuove tecnologie (internet e fabbricazione digitale) sono ab­bastanza mature da fornire una spinta non indiffe­rente all’autoproduzione, che da tendenza si sta trasformando in una vera e propria necessità a causa della crisi economica. I designer sono tornati a lavorare in prima linea con gli artigiani monitorando ogni fase della pro­duzione dei propri oggetti in prima persona.

La figura del designer non è più legata in modo intrinseco all’industria. Stefano Micelli, autore di “Futuro Artigiano” scrive: “l’autoproduzione non è in contrapposizione con l’industria ma ne è il completamento all’interno di un sistema manifatturiero che va letto in un’ottica di filiera ampia e disarticolata”. I progettisti, in parte spinti dalla necessità, in parte dall’istinto all’innovazione hanno iniziato a progettare, produrre e vendere i propri oggetti. Il designer sempre più spesso diventa imprenditore. I designer che decidono di prendere questa strada spesso basano il loro metodo di lavoro sulla ricer­ca e sulla sperimentazione diretta: sono progettisti più interessati all’innovazione che al profitto.

Dal consumer al prosumer

Dai progetti dei designer-imprenditori nascono piccole start-up, che producono pochi oggetti (rispetto agli alti numeri della produzione industriale) rivolti a target ristretti e mirati. Questi designer non si rivolgono più al consumer ( al mero consumatore) ma al prosumer (al consumatore-produttore) che in molti ambiti sta prendendo il suo posto. Il prosumer è una persona capace di produrre da sé pressoché qualsiasi cosa e deve essere davvero motivato per comprare un oggetto.

Negli anni ’80 Alvin Toffler parlava di prosumer avendo individuato la crisi del sistema dei mass-media, ipotizzando il processo evolutivo del cittadino-u­tente-consumatore in grado di emanciparsi, con­quistando una funzione centrale sia nelle politi­che del marketing sia in quelle sociali.

Oggi sii potrebbe ipotizzare che la figura del prosu­mer si evolverà secondo due direzioni principali: collaborerà con chi produce, ossia con un sistema di piccole aziende concentrate su prodotti molto specifici prodotti in tirature abba­stanza basse; oppure diventerà via via più autosufficiente, producendo da sé quello di cui ha bisogno.

La smart economy

In un futuro in cui sempre più cose potranno essere fabbricate su richiesta, è possibile indivi­duare l’opportunità di un’economia industriale trainata meno dagli interessi economici, e più attenta agli interessi sociali, come succede già con l’open source. In futuro verrà ad imporsi quella che viene defi­nita smart economy.

La smart economy privilegerà una produ­zione “a km 0”, in cui la supply chain sarà costi­tuita da una connessione diretta tra fornitore di materie prime e azienda produttrice. Un’economia basata più sulle informazioni e sull’efficienza, attenta all’ambiente, in cui il lavo­ro manuale dell’uomo in fabbrica verrà sostituito dalle macchine e dove quindi il costo del lavoro diverrà marginale rispetto al costo complessivo della produzione dell’oggetto. Autorevoli economisti ci dicono che questa evoluzione non determinerà la fine delle grandi aziende, dei giganti di mercato, ma sarà la fine dei loro monopoli e per ogni gigante che pro­duce per il mercato di massa ci saranno migliaia di nuove aziende con soltanto qualche mercato di nicchia.

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La logica formale dei moduli

L’obiettivo di Mobilis in Mobile è la creazione di abiti con il minor numero di moduli, formulando un sistema che permetta all’utente di vestirsi. Il progetto semplifica il metodo sartoriale tradizionale: le parti del capo sono di forma rettangolare, per facilitare sia la costruzione del disegno che per rendere facile e più veloce l’as­semblaggio. La forma semplice risulta più versatile di una modellata e costruita per aderire perfettamente ad una precisa parte del corpo.

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I moduli base del sistema sono 4 e sono progettati in modo da essere facilmente modificabili o assemblabili con moduli progettati in autonomia dalla persona che ne intende disporre (prosumer). Mettendo a confronto i moduli e le basi sartoriali sono state ricavate le misure necessarie per la co­struzione del sistema. Rispetto alle 20 misurazioni da effettuare per ve­stire completamente un corpo nel metodo tradi­zionale, per il sistema Mobilis in Mobile ne servono solo 6: circonferenza bacino, larghezza inforcatura, livello inforcatura, livello scalfatura, lunghezza manica, lunghezza pantalone.

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Mobilis in Mobile, alla base di una rete di aziende

Mobilis in Mobile contiene in sé il progetto di una innovativa start up, che asseconderà e sosterrà altre aziende che decideranno di clonare il sistema sviluppato qui. Mobilis in Mobile intende essere una “azienda dei makers”, basata sulla collaborazione, che non av­verrà più solo tra azienda e community, ma tra azienda e azienda e community e community. Il progetto si pone per il suo carattere sperimentale come concreta ipotesi, da verificare, per aprire nuove opportunità creative ed economiche, andando ad innescare un alternativo modello di business, collaborativo e condiviso.

Testo tratto dal lavoro di tesi