Morfogenesi del Vuoto o dell’Indeterminazione

Morfogenesi del Vuoto o dell’Indeterminazione

Non ci siamo mai stancati l’uno dell’altro,
io e le montagne.   
Li Po

Il generarsi di una forma trova la sua costante nel processo di trasformazione, e il processo è la condizione diveniente della forma. A una certa struttura si associa una direzione organizzazione, questa evoluzione in divenire appartiene alla condizione della forma, sia essa “naturale” o immanente al progettare dell’uomo. Va da sé che a una certa figura-forma progettata, corrisponde una successione determinata da passaggi intuitivi e memorativi.

La successioni formali si concatenano in un divenire dinamico,  per cui questo divenire, secondo la nostra suggestione, può derivare da un’organizzazione cosmologica che si manifesta in natura fisica ed estetica. Il processo di trasformazione morfogenetica è manifestamente inarrestabile e fluisce seguendo direzioni necessarie e svolte casuali. Inoltre, questo incessante movimento di trasformazione si genera da una condizione particolare: la condizione del Vuoto.  Un Vuoto, definito dalla fisica delle particelle elementari, come co-relazione continua e condizionata dal principio di indeterminazione, principio che in qualche modo si avvicina a un certo pensiero orientale. Secondo questa concezione è dal Vuoto che si generano le “cose”, le forme. Allo stesso tempo la co-relazione unifica e il divenire si muove nell’infinita infruttescenza dell’inversione: Vuoto è Forma, Forma è Vuoto. Se accogliamo questa visione cosmologica, ci immergiamo in un Tutto diveniente che va dall’atomo alle particelle subatomiche, “risalendo-scendendo” fino al formarsi della vita sulla Terra e, così via, a tutti gli esseri, all’uomo e alle sue azioni progettanti. Tutto compreso in un unico e immanente processo aperto nel qui e ora che mi rappresenta nell’atto del progettare.  Da questo punto di vista le forme che noi progettiamo appartengono a questo movimento incessante che non è statico e determinato poiché tutto fa parte del continuo processo di trasformazione. Ciò, sta a significare, che l’essere progettante non può essere circoscritto per auto-identità del suo sé  dal momento che si trova a essere fuori di sé. Insistiamo su questo “uscire fuori”, dato che l’“uscire fuori” proietta l’ambiente a far parte dell’essere.

A questo punto non è difficile schematizzare una morfogenesi che si fa ontogenesi, ovvero misura del nostro stare al mondo. Questa realtà rende possibile la  riunificazione tra l’universo fisico (le sensazioni biologiche del vivente) e il  senso simbolico del mondo umano volto a ri-scoprire quel misterioso legame con il Tutto, e a far sì che il “progetto” risulti un irrinunciabile processo etico di conoscenza e rispetto di tutti gli esseri, direzionato a evocare il senso cosmologico delle forme, che si fanno sistema ecologico, etico e politico,  diffuse dal pensiero umano.

Pietro Giorgio Zendrini 19.12.2020