Innovability: la sostenibilità come driver per innovare i modelli di business

Innovability: la sostenibilità come driver per innovare i modelli di business
Prof. Marco Pardo

1.5°C: un limite da non superare

Una delle sfide radicali che l’umanità oggi deve affrontare è certamente quella del global warming[1] e degli effetti che questo determina. Si tratta di un fenomeno complesso, anche nell’identificazione della grandezza quantitativa necessaria alla sua descrizione. Sono diversi gli istituti[2] che hanno misurato, in modo indipendente, le temperature medie globali: la curva di tendenza evidenziata delle anomalie termiche[3], da parte di quattro istituzioni autorevoli, hanno andamenti e previsioni molto simili. Il riferimento, rispetto al quale vengono misurate le anomalie, è il periodo preindustriale (1850-1900)[4]. La tendenza porta, coerentemente, per altro, anche con quanto definito anche dall’IPCC[5], ad un valore di innalzamento di 1,5°C entro il 2050. Una parte sostanziale della comunità scientifica, senza unanimità di interpretazioni, concorda nell’attribuire alle attività umane la responsabilità di tale effetto. L’innalzamento della temperatura è legato a fattori naturali -come le attività dei vulcani, la variazione dell’orbita terrestre, l’attività solare- e, in via prioritaria, alle emissioni di gas serra derivanti da attività umane, come viene sottolineato nel quinto rapporto del 2014 dell’IPCC.

Limitare, in questo secolo, il global warming a 1,5°C è diventato il punto nodale dello accordo di Parigi[6]. Tali accordi fra i governi hanno, in effetti, individuato nella mitigazione, attraverso la riduzione delle emissioni, dell’aumento medio della temperatura, l’azione determinante per ridurre in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici.  Il conseguimento delle riduzioni dovrà essere fatto secondo le miglior conoscenze scientifiche, in modo da sancire una situazione di equilibrio tra assorbimenti ed emissioni prima della fine del secolo. L’obiettivo fondamentale è quello di evitare o di minimizzare le perdite ed i danni associati agli effetti negativi dei cambiamenti climatici, riducendo le emissioni e sostenendo l’azione dei paesi in via di sviluppo. La successiva conferenza di Katowice, il cui contenuto è stato adottato nel 2018, contiene invece le norme, le procedure e gli orientamenti che rendono operativo l’accordo di Parigi.  Nel 2020, l’Unione Europea e i suoi Stati membri, si sono impegnati a raggiungere un obiettivo vincolante di riduzione interna netta di almeno il 55% delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Si evince quindi una crescente e concreta attenzione al fenomeno.

Nell’ultimo secolo, il massiccio utilizzo dei combustibili fossili ha aumentato la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, uno dei gas responsabile dell’effetto serra, insieme al vapore acqueo, al metano, all’ossido di diazoto, e ai clorofuorocarburi. Il consumo di suolo per l’agricoltura, per l’industria e per tutte le altre attività umane ha quindi fatto aumentare la concentrazione dei gas responsabili dell’effetto serra. Molti studi[7] hanno provato a identificare possibili conseguenze, benché siano molto difficili da stabilire, legate alla variazione dell’effetto serra naturale. Alcune aree della terra saranno probabilmente più calde, così come ci saranno più precipitazioni; gli oceani saranno più caldi, provocando lo scioglimento parziale dei ghiacciai, innalzando il livello degli stessi; le coltivazioni e i raccolti potrebbero essere pesantemente condizionati, così come potrebbero insorgere nuove malattie ed epidemie. Queste conseguenze potrebbero mettere a rischio la salute, la sicurezza e il benessere umano[8].

Sarà, quindi, necessario cambiare i modelli di business[9] esistenti, ovvero innovare le modalità di creazione, distribuzione e cattura del valore, attraverso prodotti e servizi che sappiamo, da un lato continuare a rispondere ai bisogni dell’umanità, e dall’altro mitigare l’effetto serra. Il vincolo del raggiungimento degli obiettivi climatici diventa una grande opportunità di generazione di attività nuove, un driver di cambiamento sostanziale nelle attività esistenti e un acceleratore dei processi di innovazione.  La sostenibilità diventa quindi la piattaforma interpretativa determinante per dare direzione ai percorsi di innovazione.

Sostenibilità

Il concetto chiave che entra in gioco è quello della sostenibilità. Si tratta di una “condizione di sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente, senza compromettere le possibilità delle generazioni future di generare i propri[10].  La definizione introduce due temi essenziali: quello di bisogni che vanno soddisfatti e l’idea di limiti imposti dallo stato della tecnologia e dell’organizzazione sociale alla capacità di rispondere ai bisogni presenti e futuri. Oggi, il paradigma della sostenibilità viene definito dall’Agenda 2030[11] per lo sviluppo sostenibile, ovvero dal programma per le persone, per il pianeta e per la prosperità definito nel 2015 dai 193 Paesi membri dell’ONU. Il programma prevede 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs) articolati in 169 target. Il documento traccia chiaramente un percorso di sviluppo, fissando i seguenti Obiettivi:

  • Sradicare la povertà in tutte le sue forme e ovunque nel mondo;
  • Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare l’alimentazione e promuovere l’agricoltura sostenibile;
  • Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età;
  • Garantire un’istruzione di qualità inclusiva ed equa e promuovere opportunità di apprendimento continuo per tutti;
  • Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze;
  • Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienici per tutti;
  • Garantire l’accesso all’energia a prezzo accessibile, affidabile, sostenibile e moderna per tutti;
  • Promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena occupazione e il lavoro dignitoso per tutti;
  • Costruire un’infrastruttura resiliente, promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile e sostenere l’innovazione;
  • Ridurre le disuguaglianze all’interno dei e fra i Paesi;
  • Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili;
  • Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili;
  • Adottare misure urgenti per combattere i cambiamenti climatici e le loro conseguenze;
  • Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine;
  • Proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e invertire il degrado dei suoli e fermare la perdita di biodiversità;
  • Promuovere società pacifiche e inclusive orientate allo sviluppo sostenibile, garantire a tutti l’accesso alla giustizia e costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli;
  • Rafforzare le modalità di attuazione e rilanciare il partenariato globale per lo sviluppo sostenibile

Il perseguimento dello sviluppo economico, quindi, deve guardare in modo prioritario al benessere generale, sociale e ambientale. Tende quindi a definirsi, in modo sempre stringente, la necessità di costruzione di sistemi dell’agire umano, siano essi macro o micro, capaci di equilibrare la sostenibilità sociale, quella economica e quella ambientale. Si definiscono così gli elementi chiave dell’azione economica: rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Il benessere umano diventa, quindi, centrale anche nella produzione economica. Le imprese, necessariamente dovranno passare da una metodologia di valutazione della propria azione “bottom line”[12], che considera esclusivamente il parametro del successo economico ad una metodologia di valutazione della “triple bottom line”: ovvero il principio in base al quale le imprese dovrebbero prendere decisioni che perseguano allo stesso tempo tre obiettivi: equità sociale, qualità ambientale e prosperità economica. Se il bilancio d’esercizio è il documento che misura la prosperità economica, allo stesso modo andranno definiti documenti e indici per misurare il raggiungimento degli altri due obiettivi, poiché questi hanno un impatto diretto sul global warming.

Attraverso il calcolo della propria carbon footprint, ad esempio, ogni organizzazione è in grado di misurare, in anidride carbonica equivalente[13], il totale delle emissioni associate direttamente o indirettamente ad un prodotto, ad un servizio o alla stessa organizzazione. In sintesi, la definizione della carbon footprint di un prodotto, di un servizio o di un processo richiede in particolare l’individuazione e la quantificazione dei consumi di materie prime e di energia nelle fasi selezionate del ciclo di vita dello stesso. Si fa riferimento alla LCA (Environmental Life Cycle Assessment), una metodologia standardizzata (ISO 14040 e ISO 14044) attraverso la quale vengono analizzati tutti i processi correlati al prodotto, servizio o processo: dalla fase di produzione delle materie prime, trasporti, packaging fino allo smaltimento a fine vita. Più in dettaglio, “la LCA è un procedimento oggettivo che permette di valutare gli impatti ambientali associati ad un prodotto, un processo o un’attività, effettuato attraverso l’identificazione e la quantificazione dei consumi di materia, energia ed emissioni nell’ambiente, e l’identificazione e la valutazione delle opportunità per diminuire questi impatti. L’analisi riguarda l’intero ciclo di vita del prodotto (“dalla culla alla tomba”): dall’estrazione e trattamento delle materie prime, alla produzione, trasporto e distribuzione del prodotto, al suo uso, riuso e manutenzione, fino al riciclo e allo smaltimento finale.” [14] L’analisi LCA è quindi in grado di dare una valutazione dei potenziali impatti ambientali di un’attività di produzione, di un sistema o di un servizio, relativamente alla salute umana, alla qualità dell’ecosistema e all’impoverimento delle risorse, considerando inoltre gli impatti di carattere economico e sociale.

I principali obiettivi[15] di un’analisi del ciclo di vita sono quindi:

  • definire un quadro completo delle interazioni di un prodotto o di un servizio con l’ambiente che lo circonda, al fine di comprendere le conseguenze ambientali causate direttamente o indirettamente.
  • mettere in evidenza le informazioni necessarie per valutare i comportamenti e gli effetti ambientali di una attività, identificando le opportunità di miglioramento e gestione di prodotti e servizi, per intervenire con le migliori soluzioni sulle condizioni ambientali. Attraverso lo studio di una LCA si finirà con l’individuare le fasi e i momenti in cui si concentrano maggiormente le criticità ambientali, i soggetti che dovranno farsene carico (produttore, utilizzatore) e le informazioni necessarie per realizzare gli interventi di miglioramento. Tale fase è fondamentale per identificare aree di innovazione.

Il perseguimento della sostenibilità del prodotto, del servizio, del processo e dell’intera organizzazione diventano così, non solo il vincolo per la tutela del benessere umano, ma il driver di innovazione dei modelli di business.

Economia circolare: la transizione necessaria

“La circolarità dell’economia è un prerequisito per la neutralità climatica”[16]: così si è espressa la Commissione Europea nel nuovo piano per l’economia circolare per il 2021. La transizione verso modelli di business, attraverso il design di prodotti e servizi con carbon footprint neutrali, sembra essere l’unica strada percorribile.

“L’economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile[17].” “Si tratta di un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare, i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera.”[18]

Il modello di esercizio dell’attività economica, fino ad oggi, si definisce “economia lineare”, ovvero un’economia basata sull’estrazione di materie prime sempre nuove, sul consumo di massa e sulla produzione di scarto, una volta raggiunta la fine della vita del prodotto. La costante ed ininterrotta estrazione e dismissione di materia, che caratterizza il ciclo dell’economia lineare sembra essere alla base del global warming.

Il punto di partenza è caratterizzato dal consumo di risorse naturali (estrazione di materie prime) e dalla generazione finale di rifiuti. La concezione circolare tende a ridurre in modo sostanziale sia l’estrazione iniziale che la generazione finale.  L’economista Kenneth E. Boulding[19], nel 1966, ha elaborato, per la prima volta, il concetto di circuito circolare per i materiali.

Nel 1976, in un rapporto presentato alla Commissione europea, dal titolo “The Potential for Substituting Manpower for Energy”, Walter Stahel e Genevieve Reday delinearono la visione di un’economia circolare e il suo impatto sulla creazione di posti di lavoro, risparmio di risorse e riduzione dei rifiuti. La ricerca successivamente venne pubblicata nel 1982 nel libro Jobs for Tomorrow: the Potential for Substituting Manpower for Energy. La promozione dell’economia circolare venne identificato come la politica nazionale nel 11° piano quinquennale della Cina a partire dal 2006. Infine, la Ellen MacArthur Foundation, un ente indipendente nato nel 2010, ha recentemente delineato l’opportunità economica di questo modello.[20] Pensatori di primaria importanza[21] hanno costruito modelli di business alternativi per fermare l’uso intensivo della materia prima, l’inquinamento da fonti fossili, promuovendo la produzione efficiente, il riciclo, le energie e fonti rinnovabili. Di fatto, viene esteso il ciclo di vita dei prodotti, per ridurre i rifiuti al minimo. Quando il prodotto ha terminato la sua funzione originaria, i materiali di cui è composto vengono infatti reintrodotti, laddove possibile, nel ciclo economico. Così si possono continuamente riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore.

Come evidenziato, quindi, i principi dell’economia circolare sono incompatibili con il tradizionale modello economico lineare, fondato invece sul tipico schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”. Il modello di business tradizionale dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali e di energia facilmente reperibili e a basso prezzo. I quattro principi su cui si basano i modelli di business circolari[22] sono invece di natura sostanzialmente diversa, poiché attuano una logica, grazie all’innovazione che tende chiudere il ciclo per ridurre l’estrazione e la produzione di rifiuti, nonché a diminuire il consumo di energia (e la conseguente produzione di anidride carbonica equivalente) per avere una carbon footprint neutra:

  • Riduzione dell’utilizzo delle risorse.
    Si tratta di trovare modalità per diminuire la quantità di materiale utilizzato nella realizzazione di un prodotto o nella fornitura di un servizio, attraverso il design circolare e l’innalzamento del tasso di utilizzo, implementando modelli come la condivisione, il noleggio, di prodotti o edifici multifunzionali, a maggior effi­cienza energetica e con sviluppo della digitalizzazione.
  • Allungamento dell’utilizzo delle risorse.
    L’utilizzo delle risorse è ottimizzato e così come la vita del prodotto è prolungata grazie al design durevole, alla scelta dei materiali e di servizi che prolungano la vita dei beni, con la riparazione e la rigene­razione, grazie alla progettazione modulare che consente attività come lo smontaggio, la riparazione, la rigenerazione, la ristrutturazione, il rimodellamento.
  • Utilizzo di materie prime rigenerative
    La priorità è quella di sostituire i combustibili fossili, le sostanze inquinanti e i materiali tossici con fonti rigene­rative, aumentando e mantenendo il valore degli ecosistemi naturali.
  • Riutilizzo delle risorse
    Il riutilizzo, grazie ad una scelta di design coerente, dei materiali o dei prodotti a fine vita permette un approvvigionamento circo­lare di risorse attraverso una raccolta di qualità dei rifiuti e un riciclo dei materiali capaci di mantenerne il valore in ciascuna fase di riutilizzo.

Ovais Sarmas[23] ha, in effetti, recentemente confermato che l’accordo di Parigi implica una trasformazione nei pattern di produzione e di consumo verso sistemi circolari. L’innovazione tecnologica, e la grande transizione digitale in atto, potranno in questo giocare un ruolo decisivo per consentire ai modelli di business di rispondere ai bisogni umani in modo sempre più sostenibile. L’innovazione non potrà che porre gli aspetti ambientali ed umani al centro e quindi non potrà che essere design-driven[24]. La sfida radicale dei “1,5°C” è iniziata.

[1] Il gobal warming è il riscaldamento globale, ovvero l’effetto dell’innalzamento della temperatura media atmosferica registrato su scala globale negli ultimi 100 anni. [Fonte: Enciclopedia Treccani]
[2] Possiamo, a titolo esemplificativo, citare primari istituti di ricerca come il Nasa Goddard Institute for Space Studies, il Climate Research del Met Office Hadley Centre, il NOOA National Climatic Data Center e il Japanese Meteorological Agency .
[3] L’anomalia annua di temperatura consiste nella differenza tra il valore medio annuo di temperatura in un punto e la relativa media calcolata su un periodo di riferimento. L’anomalia di temperatura indica come e quanto l’anno analizzato si è discostato dalle media delle temperature. Valori negativi indicano temperature inferiori alla media, valori positivi indicano temperature superiori alla media.
[4] Si prende il 1850 come primo anno di riferimento poiché il mese di gennaio del 1850 è il primo mese per cui sono a disposizione i dati di misurazione di temperatura. Tali dati sono disponili grazie ad un lavoro congiunto tra il Met Office Hadley Centre e il Climatic Research Unit dell’University of East Anglia.

[5] Intergovernmental Panel on Climate Change. Si tratta del principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. L’IPCC è un organismo intergovernativo aperto a tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite. Attualmente, fanno parte dell’IPCC 195 Paesi. I governi partecipano al processo di revisione e alle sessioni plenarie, dove sono prese le principali decisioni sui programmi di lavoro dell’IPCC, e dove vengono accettati, approvati e adottati i rapporti. L’IPCC esamina e valuta le più recenti informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche prodotte in tutto il mondo, e importanti per la comprensione dei cambiamenti climatici. Non fa ricerca né realizza il monitoraggio di dati e parametri correlati al clima.
Migliaia di ricercatori provenienti da tutto il mondo contribuiscono al lavoro dell’IPCC su base volontaria. Il processo di revisione è un elemento fondamentale delle procedure IPCC per assicurare una valutazione completa e obiettiva delle informazioni attualmente disponibili. L’IPCC aspira a riflettere una varietà di punti di vista e competenze diverse. [Fonte: ippcitalia.cmcc.it]
[6] L’accordo di Parigi è il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, adottato alla conferenza di Parigi sul clima (COP21) nel dicembre 2015. L’UE ha formalmente ratificato l’accordo il 5 ottobre 2016, consentendo in tal modo la sua entrata in vigore il 4 novembre 2016. Affinché l’accordo entrasse in vigore, almeno 55 paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali hanno dovuto depositare i loro strumenti di ratifica. [fonte: UNFCCC e Unione Europea]
[7]Come quelli del Nasa Global Climate Change.
[8] Climate Impacts on Agriculture and Food Supply, EPA (United States Environmental Protection Agency).
[9] Un modello di business descrive le modalità con cui un’organizzazione crea e distribuisce valore ai propri segmenti di clienti e come cattura valore dagli stessi, in contesti economici, sociali e culturali. [Osterwalder]
[10] Brutland, 1987
[11] Trasformare il nostro mondo: Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile Dipartimento per la Pubblica Informazione, Nazioni Unite.
[12] Nei bilanci aziendali indica il rigo che riporta i profitti o le perdite, elemento fondamentale per la valutazione dell’attività d’impresa.
[13] È un’unità di misura che permette di pesare insieme emissioni di gas serra diversi con differenti effetti climalteranti. Ad esempio, una tonnellata di metano che ha un potenziale climalterante 21 volte superiore rispetto alla CO2, viene contabilizzata come 21 tonnellate di CO2 equivalente. I potenziali climalteranti dei vari gas sono stati elaborati dall’IPCC. [fonte: ministero della transizione ecologica]
[14] SETAC (Society of Environmental Toxicology and Chemistry), Vermount, Canada 1993
[15] Fonte: Linee guida ARCA per la Life Cycle Assessment”
[16]  European Commission, Circular Economy Action Plan, The European Green Deal, 2020.
[17] Fonte: [Parlamento Europeo]
[18] Ellen MacArthur Foundation
[19] Kenneth E. Boulding “The Economics of the Coming Spaceship Earth”
[20] Circularity Gap Report 2021
[21] Si tratta dell’architetto Walter Stahel, del fisico Amory Lovins, dei designer McDonough e Braungart, e dell’economista green Nicholas Georgescu-Roegen.
[22] Il terzo rapporto sull’economia circolare in Italia, “focus sull’economia circolare verso la transizione alla neutralità climatica”, mette in evidenza chiaramente tali aspetti.
[23] Climate Change Deputy Executive Secretary delle Nazioni Unite
[24] Roberto Verganti, design-driven innovation, 2009